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Il manifesto di Zuckerberg, cosa devi sapere se gestisci una pagina Facebook

Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha pubblicato una lunga riflessione sul mondo di oggi e quello di domani, una sorta di “manifesto” visionario, ma molto pratico.

Quelli col paraocchi l’hanno definito un “manifesto anti-Trump”, ma la politica degli Stati Uniti in realtà non c’entra nulla col testo.

Mr. Facebook parla di come “sviluppare un’infrastruttura sociale per le comunità, per sostenerci, mantenersi al sicuro, informarci, includerci e impegnarci in senso civico”.

Non è cosa da poco. Ma c’è un punto del suo lungo intervento, passato sotto traccia, perché riguarda solo una nicchia di persone, i produttori di contenuti sui social network, ovvero i proprietari di pagine Facebook e in generale i social media manager.

L’algoritmo di Facebook cambia per contrastare le fake news

Il tema è quello della lotta alle fake news (notizie false), che come avevo previsto a Capodanno si dimostra il tema del 2017.

La lettura delle notizie riguarda tutti noi, ma la soluzione del problema riguarda solo chi gestisce pagine Facebook e pubblica quindi post.

Mark Zuckerberg infatti nel suo manifesto rivela per la prima volta il modo in cui Facebook farà guerra alle fake news.

Lo farà attraverso un aggiornamento dell’algoritmo segreto di Facebook.

Vediamo in che modo l’algoritmo sta venendo aggiornato e cosa dobbiamo fare se gestiamo una pagina Facebook per non essere giudicati negativamente e penalizzati da questo algoritmo anti-bufale, con il risultato che la nostra pagina e i nostri post perderanno drasticamente di visibilità.

Sul tema dei post – bufala da limitare Zuckerberg scrive:

Dobbiamo mitigare il sensazionalismo e la polarizzazione che portano ad una perdita di comprensione comune.

 

Per sensazionalismo si intendono i titoli strappa-clic, pratica definita clickbait, ovvero scivere testi allusori, fuorvianti o esagerati al solo scopo di ottenere il click al link della pseudo-notizia.

Per esempio:

“Lascerai il tuo lavoro dopo aver letto questo articolo”, oppure “Le banche odiano questo trucco” (titoli esagerati che rimandano ad una classica truffa su come fare soldi online), oppure “Angelina Jolie era nuda nel bosco – la storia assurda raccontata da Roger” (clicchi sul link e scopri che non è un fatto vero, ma è il racconto di un sogno fatto da tale Roger che scrive su alcuni blog); “La notizia che tua moglie non vuole farti leggere” (poi era semplicemente un articolo sulle abitudini delle donne, il cui titolo era quindi fuorviante). E così via.

 

Il nuovo algoritmo marchierà le pagine che usano testi come questi, penalizzandole.

 

Come bisogna fare allora per evitare il clickbait? L’importante è

 

  • Inserire tutte le informazioni essenziali a capire il contenuto della notizia. Per esempio non “Lascerai il tuo lavoro dopo aver letto questo articolo”, ma “5 idee di lavoro per diventare un libero professionista”, oppure “Ecco i 5 lavori indipendenti più ricercati”. L’utente ha già idea di cosa troverà dentro all’articolo.
  • Non fare titoli fuorvianti. Ovvero, non far credere che all’interno dell’articolo ci siano foto di donne nude o racconti sexy se non è così, oppure che si troverà la risposta ad una domanda o qualche gossip sensazionale. Quindi se la storia vera è “Il post che Michelle Obama ha dedicato al marito per San Valentino”, non scrivere “La foto del regalo di San Valentino a Barack Obama da parte di Michelle”.

Cosa si intende invece per polarizzazione?

Quindi andiamo più nel profondo. Parlare di temi divisivi come le religioni (radicalismo islamico e Isis) e la razza (poliziotto bianco uccide uomo di colore), oppure ideali politici radicali, è visto di cattivo occhio da Facebook.

Leggere tra le righe della lettera di Zuckerberg ti farà capire meglio

 

La polarizzazione esiste in tutti i media, non solo sui social network. Essa si verifica in tutti i gruppi e le comunità, comprese le società, le aule e le giurie. Il danno è che il sensazionalismo muove la gente lontano da opinioni sfumate ed equilibrate, verso gli estremi polarizzati.

Se si continuasse, la gente sottolineerebbe solo le versioni dei fatti che soddisfano le loro opinioni polarizzate. Ecco perché sono così preoccupato per il sensazionalismo dei media. 

Quindi è chiaro che chi promuove temi polarizzanti, cioè: noi contro di loro, verrà penalizzato dall’Intelligenza Artificiale di Facebook.

Ma in che modo Facebook individua i post di questo tipo, e quindi come possiamo evitare di produrne di questo genere?

Zuckerberg spiega:

Abbiamo notato che alcune persone condividono post sulla base di titoli sensazionali, senza mai leggere la storia.

In generale, se si diventa meno propensi a condividere una storia dopo averla letta, questo è un buon segno che il titolo è stato sensazionalistico.

 

Se siete più propensi a condividere una storia dopo averla letta, è spesso un segno di un buon contenuto che va in profondità.

Tradotto per chi gestisce una pagina o un blog, e produce contenuti: fate in modo che il post condiviso offra informazioni di valore e non sia volto solo ad ottenere traffico, affinché dopo la lettura l’utente abbia voglia di condividerlo.

Quindi: meno sensazionalismo e più qualità premieranno.

 

Ma ti voglio dare qualche trucchetto che piacerà anche a Facebook.

Nella tua call to action, che magari prima era “condividi questo post per informare altri”, oppure semplicemente “condividiamo”, potremmo scrivere “leggi e condividi questo post”, oppure “condividi dopo aver letto queste informazioni”, o meglio ancora – solo nel caso di post che rimandino ad articoli del tuo blog – scrivi l’invito alla condivisione non nel post di Facebook ma nell’articolo del blog, alla fine, invitando le persone a condividere attraverso gli appositi tasti di social sharing, oppure chiedendolo direttamente.

Ma c’è un ultimo suggerimento occulto che ci dà il fondatore di Facebook

I social media sono un mezzo in cui i messaggi brevi vengono condivisi molte volte. Questo premia la semplicità e scoraggia i dettagli. Nel migliore dei casi, questo espone le persone a più idee diverse. Nel peggiore dei casi, si semplificano eccessivamente temi importanti e ci spinge verso gli estremi…

La precisione delle informazioni è molto importante…

Nel corso del tempo, la nostra comunità saprà identificare quali fonti forniscono una gamma completa di punti di vista.

 

Tradotto: basta post corti. Andiamo coi post lunghi. Sia che siano di testo su Facebook, sia che ci si riferisca agli articoli linkati.

Quello dello scrivere contenuti lunghi è un approccio nuovo (nuovo per i social, non per giornali e libri) condiviso anche da Google, che premia gli articoli con più di 1500 parole.

Quindi, l’ultima lezione che impariamo dal nuovo manifesto del fondatore di Facebook è quella di abbandonare la teoria: scriviamo un testo corto così lo legge più gente.

Passa alla creazione di contenuti che non restino superficiali ma vadano più in profondità, entrando nel dettaglio della storia.

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Marco Venturini:
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